
“Poi scopri risorse che mai ti saresti aspettato di avere… Eppure è una bella scoperta anche quello, scoprire se stessi, di essere capaci, di essere in grado di reagire anche alle avversità, ogni tipo di meteo e non solo meteo.” Simonetta

Il TOR des Geants è una gara di corsa in montagna fra le più impegnative al mondo. Il suo percorso comprende le due Alte Vie della Val d’Aosta, con partenza ed arrivo a Courmayeur per un totale di circa 330 km e 24000 metri di dislivello positivo. Il nome significa “giro dei giganti” perché si sviluppa al cospetto delle più alte montagne d’Europa: il Monte Bianco, il Monte Rosa, il Cervino e il Gran Paradiso.
La prova si svolge in una sola tappa, a velocità libera e in un tempo limite di 150 ore. Lungo il percorso i partecipanti hanno a disposizione 7 basi-vita (maggiore dimensione) e 43 punti di ristoro, in ognuno di questi punti è possibile riposare oltre che a rifornirsi di cibo e bevande.
Quest’anno si svolgerà la dodicesima edizione, dall’11 al 17 settembre. Circa 1600 trail runners di 69 nazioni hanno effettuato la preiscrizione, ma il sorteggio effettuato il 28 febbraio ha definito la lista dei 1100 giganti che saranno a Courmayeur.
In questo articolo Simonetta Castelli (Finisher 2019- 2018), Oscar Cortinovis e Liliana Pella (prima esperienza al TOR) ci raccontano la loro esperienza.
Simonetta, Oscar e Liliana hanno iniziato circa otto mesi prima a prepararsi alla grande gara.
Durante questi alternano allenamenti individuali e di gruppo, entrambi importanti per aspetti differenti. Nei primi si mira a consolidare i punti di forza di cui già si ha la consapevolezza (come la velocità, la resistenza…) e lavorare sui punti di debolezza cercando di equilibrare la performance.
Invece, negli allenamenti di gruppo, l’obiettivo è il supporto del gruppo stesso sia dal punto di vista psicologico che fisico. Il sostegno vicendevole è il collante principale per trasmettersi forza e resistenza.
Una delle parti più faticose dell’allenamento è l’uscita in notturna, dove ci si sperimenta rispetto alle difficoltà che il buio e il sonno possono presentare.
“Si parte che sappiamo che è un allenamento di gruppo; quindi, a essere in gruppo rinunci a qualcosina […] quindi si prende il ritmo del più lento e si affronta il percorso insieme, senza separarsi soprattutto negli allenamenti notturni […] il corpo di notte non vuole fare quello che stai facendo, ma vuole dormire…”
Un altro aspetto, da non sottovalutare, è quello dell’alimentazione perché senza un adeguato apporto calorico in momenti strategici, il corpo vivrebbe la gara con uno stress fisiologico ancora maggiore.
“La gara non dura 1 o 2 giorni, ma 6 quindi se dovessi mangiare qualcosa di sbagliato lo stomaco ti si chiude. È come andare con una macchina quando finisce la benzina”
Tutti questi aspetti sono governati dalla perseveranza psicologica rispetto l’obiettivo da raggiungere. Con l’espressione “perseveranza” ci riferiamo a quella costanza tale da accompagnare ogni allenamento, ogni momento di forza e di sconforto. Perseveranza intesa come quella fermezza nel proseguire anche quando tutte le forze fisiche sono esaurite e rimangono quelle psicologiche, quel credere di potercela fare, nella gara e nella vita.
Per mantenere un tale focus sull’obiettivo la prima cosa importante da considerare è la motivazione, che affonda le sue radici nella storia personale di ciascuno dei partecipanti. Possiamo dire che in qualche modo per gli intervistati la partecipazione al Tor Des Geants è il punto di arrivo di un proprio percorso del tutto unico. Qualcuno è spinto dall’inseguimento di soddisfazione personale, incremento della propria autostima e del proprio senso di auto-efficacia, qualcun altro dalla curiosità di vedere posti nuovi e conoscere persone nuove, altri descrivono l’adrenalina e la ricerca di emozioni forti e uniche, in alcuni casi emerge il tema del rapporto con il proprio corpo e le proprie risorse fisiche.
“Sono partita tesissima, certe cose, mi ricordo di aver fatto dei pianti anche dopo, ma il Tor, soprattutto il mio primo Tor, mi ha dato delle emozioni fortissime, mi ha dato tantissimo nel senso di quello che ho provato”
Senza una motivazione forte, sarebbe impossibile anche solo pensare di partecipare ad una gara che presenta così tante difficoltà, tra cui il maltempo, la stanchezza, il sonno.
Oscar, Simonetta e Liliana narrano un tema che li accomuna e li spinge a partecipare a questa gara. È la passione per la montagna, nonché il desiderio di conoscere e incontrare persone con cui condividere e sentirsi capiti nella coltivazione e nel perseguimento di questa passione.
“Vivere in montagna è difficile, non è tanto semplice, la vita in montagna cambia radicalmente quindi la montagna bisogna volergli bene per quello che è. Uno magari dice cosa ci trovi, c’è solo il vento che fischia, invece anche solo sentire il vento che fischia nelle orecchie può dare una sensazione piacevole […] Se voi andate in montagna anche se siete da soli trovate sempre qualcuno che si ferma a fare due chiacchiere, invece in città non sarebbe possibile questa cosa…in più quando poi ci si mette a fare le gare si ha la possibilità e la fortuna di conoscere delle brave persone”
Inoltre, bisogna tener conto delle risorse; raggiungere un obiettivo così ambizioso come terminare il Tor des Geants richiede infatti di mettere in gioco le proprie capacità, e di acquisirne di nuove. Come abbiamo già visto, una delle risorse fondamentali è il gruppo. Altra risorsa importante è la consapevolezza dei propri limiti, con la disponibilità a superarli dove possibile, il rispetto e l’accettazione laddove si riconosce che non sia possibile fare di più.
“Io so di persone che dopo 50 km hanno deciso di abbandonare. Perché visto quello che sarebbe stata la gara, hanno deciso che era meglio così. Anche questa è una parte che va allenata, la disponibilità a rinunciare”.
Per ognuno degli intervistati partecipare a questa gara ha un significato diverso. Vedere la riuscita di questa impresa è in qualche modo scoprire e tenere a mente una parte di sé forte e tenace che affronta i giganti della Val D’Aosta al meglio delle proprie risorse. Quella parte che una volta conosciuta può venir fuori dopo la gara, in momenti di vita particolari e che servirà da promemoria per ricordare la resilienza avuta in quei sei giorni. Quella parte perseverante che è cresciuta e si è fortificata insieme al gruppo, supportata dagli altri membri.
Il centro Respiro di Psiche ringrazia i partecipanti per aver concesso questa intervista, che ci ha permesso di aprirci con curiosità ad un mondo particolare come quello delle maratone in montagna. Non rimane che augurare a tutti in bocca al lupo! Che la perseveranza scoperta e fortificata in questi mesi di allenamento possa essere la risorsa principale durante la gara, oltre che un’aggiunta significativa al proprio pezzo di storia di vita personale.